L'espulsione dei cristiani sotto Tiberio

Il cavaliere Mundo e la signora Paolina

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  1. Saulnier
     
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    Ripropongo il tema anche a qui, nella speranza di coinvolgere nella discussione, oltre agli amici ebrei, anche quelle persone che per ragioni differenti non possono/vogliono intervenire nell'altro forum.

    Lo studio concernente l’affare dell’espulsione di quattromila Giudei da Roma e il controverso episodio di Decio Mundo e Paolina nasce dalla lettura di un documento di Hard Rain (che come sempre ringrazio) disponibile on line qui https://digilander.libero.it/Hard_Rain/storia/Svetonio.htm

    Cit. Hard Rain

    CITAZIONE
    Un provvedimento di espulsione dei Giudei sotto Tiberio è menzionato anche da Giuseppe Flavio, il quale però sembra collocarlo al tempo di Pilato, quindi tra il 26 e il 36 dopo Cristo. Scrive Giuseppe:

    G. Flavio, Ant. 18.83-84. [83] "Saturnino, sollecitato dalla moglie Fulvia, riferì tutto a Tiberio, suo amico; per tale motivo egli ordinò a tutta la comunità giudaica di abbandonare Roma. [84] I consoli redassero un elenco di quattromila di questi Giudei per il servizio militare e li inviarono nell'isola di Sardegna; ma ne penalizzarono molti di più, che per timore di infrangere la legge giudaica, rifiutavano il servizio militare. E così per la malvagità di quattro persone, i Giudei furono espulsi dalla città."

    Questo episodio è inserito da Giuseppe Flavio dopo il racconto del raggiro di una matrona romana, Fulvia, moglie di Saturnino, e dopo l'episodio di Decio Mundo e Paolina, uno scandalo che coinvolse i sacerdoti del tempio di Iside a Roma. Apparentemente l'episodio dei sacerdoti di Iside non ha nulla a che vedere con la storia giudaica ed è del tutto incomprensibile il motivo per cui Giuseppe Flavio lo riporti in Antichità Giudaiche: l'episodio si svolge a Roma, inoltre non vede coinvolto alcun giudeo direttamente o indirettamente, al contrario del raggiro di Fulvia narrato subito dopo. E' probabile che la chiave di volta per comprendere il motivo dell'inserzione dell'episodio di Paolina e Decio Mundo sia costituito da Annales 2.85.4, in cui Tacito menziona proprio i culti egiziani e giudaici, oltre ad importanti analogie con il racconto dell'espulsione di Ant. 18.83-84, in particolare la menzione dell'isola della Sardegna e del numero di quattromila giudei che vi furono inviati con la forza.

    Quello che dice Hard Rain è esatto: l’episodio di Decio Mundo e Paolina non ha nulla a che vedere con la storia giudaica è del tutto incomprensibile il motivo per cui Giuseppe Flavio lo riporti in Antichità Giudaiche.
    Di seguito riporto il brano in questione.

    Libro XVIII:66 C'era una signora Paolina che, siccome discendeva da un nobile romano e siccome la sua pratica della virtù era tenuta in alta considerazione, godeva ancora del prestigio della ricchezza, aveva avvenenti fattezze ed era nell'età in cui le donne sono molto esuberanti e aveva indirizzato la propria vita a una buona condotta. Era sposata a Saturnino, uomo sotto ogni aspetto degnissimo della reputazione di lei.

    Libro XVIII:67 Decio Mundo, persona distinta dell’ordine equestre, si invaghì di lei. Ma, siccome non era donna che si lasciasse vincere da donativi, anzi non si curava dei moltissimi doni che le aveva mandato, in lui crebbe sempre più la passione fino a prometterle duecento dracme attiche purché per una sola volta potesse condividere il letto di lei.

    Libro XVIII:68 Ma ella non si piegò neppure a tanto, ed egli, non reggendo alla propria passione non corrisposta, pensò che era meglio finire la vita d'inedia, a motivo del male che lei gli faceva soffrire. Egli, dunque, si condannò a una morte del genere ed era in procinto di risolversi così.

    Libro XVIII:69 Tuttavia Mundo aveva una donna libera di nome Ida, esperta in ogni genere di malvagità, che era stata emancipata da suo padre; lei non sopportava che il giovane avesse deciso di morire, perché era ovvio quello che lui voleva; andò da lui per consolarlo e dargli buone speranze promettendogli che lei sarebbe riuscita a fare sì che avesse successo nelle relazioni intime con Paolina.

    Libro XVIII:70 Dopo che egli accolse con gioia l'opportunità, lei disse che le abbisognavano non meno di cinquantamila dracme per assicu¬rarsi la donna. Le proposte incoraggiarono il giovane e lei ricevette la somma richiesta; ma la donna si avvide poi che quella signora non si poteva prendere con i denari e così non si attenne alla strada che aveva concertato. Conoscendo la grande devo¬zione che aveva verso Iside, Ida macchinò un altro stratagemma.

    Libro XVIII:71 Ebbe un incontro con alcuni sacerdoti, promise loro la sicurezza e soprattutto diede subito venticinquemila dracme, ne promise altre venticinquemila una volta riuscito l'inganno; palesò loro la passione del giovane, incoraggiandoli a tentare ogni mezzo affinché il giovane rimanesse soddisfatto.

    Libro XVIII:72 Colpiti e abbagliati dall'oro, essi lo promisero. Il più anziano di loro andò in fretta da Paolina: introdotto, domandò un'udienza segreta e, ottenu¬tala, le disse di essere inviato dal dio Anubi; dio che si era innamorato di lei e voleva che andasse da lui. L'annunzio era quanto di meglio lei desiderasse.

    Libro XVIII:73 Non solo lei si vantò con le signore sue amiche di tale invito di Anubi, ma comunicò a suo marito l'invito a cena e la comunione del letto con Anubi; ed egli acconsentì ben conoscendo quanto sua moglie fosse una donna pudica.

    Libro XVIII:74 Andò al tempio. Dopo la cena, quando giunse il tempo per dormire, le porte del tempio furono chiuse dai sacerdoti e le lampade vennero spente. Mundo, che fino allora era stato nascosto, non fu respinto e ottenne la comunione con lei. Fu il servizio di una lunga notte avvenuta con la credenza che egli fosse il dio.

    Libro XVIII:75 Lui se ne andò via prima che si muovessero i sacerdoti non consapevoli dell’inganno. Paolina, tornata per tempo a casa, narrò al marito l'apparizione di Anubi, e con le signore sue amiche ingrandì e si vantò del fatto.

    Libro XVIII:76 Quelli che udivano, considerata la cosa in se stessa, restavano increduli; tuttavia, d'altra parte, valutata la pudicizia e la posizione sociale della donna, restavano stupiti.

    Libro XVIII:77 Due giorni dopo il fatto, Mundo l'incontrò e le disse: “Paolina, tu mi hai fatto risparmiare duecentomila dracme, che avresti potuto aggiungere ai tuoi averi, e hai ancora portato alla perfezione il servizio che io desideravo compiere. Quanto alla tua voglia di burlare Mundo, io non mi interesso dei nomi, tuttavia per il piacere che mi è derivato dall'atto, ho adottato il nome di Anubi”. E con queste parole se ne andò.

    Libro XVIII:78 Essa aprì finalmente gli occhi per conoscere la vile azione compiuta, si stracciò le vesti, manifestò al marito l'enormità della sua azione, e lo supplicò di acconsentire a rimediare. Egli portò la cosa a conoscenza dell’imperatore.

    Libro XVIII:79 Quando Tiberio accertò ogni cosa per mezzo dei sacerdoti, li fece crocifiggere tutti e due, loro e Ida, poiché questa era all'origine dell’azione diabolica ed era stata lei ad architettare tutto il complotto contro l'onore di una matrona. Indi abbatté il tempio e ordinò che la statua di Isis fosse gettata nel Tevere.

    Libro XVIII:80 La condanna per Mundo fu l'esilio, giudicando che avesse peccato per la violenza della passione, perciò bastasse un tale castigo e non dovesse punirlo in modo più severo. Queste furono le azioni irrispettose, commesse dai sacerdoti del tempio di Isis. Ora ritorno a narrare la storia che ho promesso di raccontare su ciò che accadde ai Giudei in Roma.


    L’episodio è anche presente nella versione cristianizzata delle ‘Guerre Giudaiche’ nota sotto il nome di Egesippo.
    Paolina si trova ad essere la moglie di un Saturnino esattamente come la matrona di alto rango, Fulvia, dell’episodio successivo che coinvolse i Giudei di Roma. Giuseppe Flavio ci informa che in conseguenza di quest’episodio boccaccesco Tiberio abbatté il tempio di Iside e ordinò che la statua della dea fosse gettata nel Tevere.
    Testimonianze archeologiche su monumenti egizi ci mostrano Tiberio (come Augusto) prostrato umilmente davanti agli dei egiziani (tra cui la stessa Iside) e che per un motivo tanto insulso, come la vicenda di Paolina, egli abbia potuto radere al suolo il tempio di Iside e gettare la statua della dea nel Tevere lo ritengo del tutto inverosimile.
    Ritengo (e non sono certo il primo) che tale vicenda non sia mai accaduta se non nella fervida immaginazione di un interpolatore cristiano.
    Tuttavia per ogni frode deve esserci una ragion d’essere e questo vuole essere l’obiettivo di questo topic.
    Scoprire i motivi che hanno indotto il copista ad inserire questo brano nell’opera flaviana
    .

    L’episodio del cavaliere Mundo e di Paolina segue immediatamente il Testimonium Flavianum ed è introdotto da Giuseppe Flavio (Ant. Giud., XVIII, 65) con le seguenti parole:

    “Nello stesso periodo un altro orribile evento gettò lo scompiglio tra i Giudei e contemporaneamente avvennero azioni di natura scandalosa in connessione al tempio di Iside in Roma. Prima farò parola dell’eccesso dei seguaci di Iside, tornerò poi in seguito alle cose avvenute ai Giudei.”

    Segue l’episodio riportato del cavaliere Mundo e la signora Paolina e poi finalmente l’affare che coinvolse i Giudei di Roma, sul quale vale la pena concentrare la nostra attenzione.

    Ant.Giud. XVIII, 81-85

    “C'era un Giudeo, un vero fuggitivo, allontanatosi dal proprio paese perché accusato di trasgredire certe leggi, e per tale motivo temeva una punizione. Proprio in questo periodo costui risiedeva a Roma e svolgeva il ruolo di interprete della legge mosaica e della sua saggezza.
    Costui arruolò tre mascalzoni suoi pari; e allorché Fulvia, una matrona d'alto rango, diventata una proselita giudea, incominciò a incontrarsi regolarmente con loro, la incitarono a inviare porpora e oro al tempio di Gerusalemme. Essi, però, prendevano i doni e se ne servivano per le proprie spese personali, poiché fin dall'inizio questa era la loro intenzione nel chiedere doni.
    Saturnino, sollecitato dalla moglie Fulvia, riferì tutto a Tiberio, suo amico; per tale motivo egli ordinò a tutta la comunità giudaica di abbandonare Roma.
    I consoli redassero un elenco di quattromila di questi Giudei per il servizio militare e li inviarono nell'isola di Sardegna; ma ne penalizzarono molti di più, che per timore di infrangere la legge giudaica, rifiutavano il servizio militare. E così per la malvagità di quattro persone, i Giudei furono espulsi dalla città.”


    Questo Giudeo anonimo fu la causa di una deportazione che coinvolse quattromila giudei. Un provvedimento deciso da Tiberio che appare decisamente spropositato leggendo la recita di Giuseppe Flavio. In primo luogo rileviamo che questo Giudeo fu cacciato dal proprio paese in quanto trasgressore di certe leggi. Si può ipotizzare che questo Giudeo facesse parte di una setta o di una ‘scuola’ diversa rispetto a quella (filo-romana) al potere in Palestina a quei tempi? Se sì è possibile rilevare nel passaggio di Giuseppe Flavio indizi che possano farci comprendere di quale setta si tratti? In effetti nel brano vediamo questo personaggio, insieme a ‘tre mascalzoni suoi pari’ incitare la matrona d’alto rango, Fulvia, moglie di Saturnino e proselita giudea, ad inviare porpora e oro al tempio di Gerusalemme. La porpora è il simbolo della regalità per il popolo giudaico. Il mantello di porpora è la veste del Messia. La setta del Giudeo fuggitivo potrebbe la setta giudeo-cristiana (nel senso etimologico del termine)?
    Lo scandalo per Flavio Giuseppe consiste nel fatto che questi Giudei si servivano di questi doni per i propri usi personali, ma è sufficiente questa ragione per giustificare l’espulsione di quattromila Giudei da Roma?
    Per comprendere qualcosa di più di questa vicenda occorre analizzare i resoconti degli altri storici.
    Flavio Giuseppe sembra riferire la vicenda alla prefettura di Pilato tuttavia un passaggio di Tacito (Annales, II, 85) colloca in maniera precisa l’avvenimento ai tempi della morte di Germanico (19 A.D.)

    Actum et de sacris Aegyptiis Iudaicisque pellendis factumque patrum consultum ut quattuor milia libertini generis ea superstitione infecta quis idonea aetas in insulam Sardiniam veherentur, coercendis illic latrociniis et, si ob gravitatem caeli interissent, vile damnum; ceteri cederent Italia nisi certam ante diem profanos ritus exuissent.

    Si discusse anche sull'opportunità di sopprimere i culti egiziani e giudaici e per decreto del senato quattromila liberti contaminati da quella superstizione e in età di portare le armi furono trasferiti in Sardegna per reprimervi il brigantaggio. E si riteneva che, se vi fossero morti per l'insalubrità del clima, sarebbe stata una perdita di poco conto. Tutti gli altri seguaci di quei culti dovevano lasciare l'Italia a meno che, entro una data stabilita, avessero rinunciato ai loro riti profani.

    Quello che mi preme sottolineare è che “ea superstitione” è un singolare e come tale va tradotto. Tacito infatti sta parlando di un’unica superstizione, comprendente insieme riti giudaici ed egiziani, superstizione che aveva infettato i quattromila liberti giudei (non egiziani) condannati da Tiberio e menzionati anche da Giuseppe Flavio.
    La cosa è pienamente confermata da Svetonio che ci dice (Tiberius XXXVI)

    Externas caerimonias, Aegyptios Iudaicosque ritus compescuit, coactis qui superstitione ea tenebantur religiosas vestes cum instrumento omni comburere. Iudaeorum iuventutem per speciem sacramenti in provincias gravioris caeli distribuit, reliquos gentis eiusdem vel similia sectantes urbe summovit, sub poena perpetuae servitutis nisi obtemperassent.

    Proibì le religioni straniere, i culti egiziani e giudaici, obbligando i seguaci di quella superstizione a bruciare tutte le vesti e gli oggetti sacri. I giovani giudei furono mandati, con la scusa del servizio militare, nelle province più malsane, mentre allontanò da Roma tutti gli altri membri di questo popolo o le persone che seguivano culti analoghi, con la minaccia di una schiavitù perpetua in caso di disobbedienza.

    Ancora una volta troviamo la causa dell’espulsione in ‘quella superstizione’ (ea superstitione) caratterizzata da riti giudaici ed egiziani. Il monaco Xifilino autore dell’epitome dell’opera di Dione Cassio non ha ritenuto di doverci informare su questa vicenda, ma che Dione Cassio ne parlasse nella sua opera completa è certo grazie ad un frammento (frammento 79) di Giovanni di Antiochia

    http://books.google.it/books?id=lz0OAAAAYA...page&q=&f=false

    Egli espulse la maggior parte dei numerosi Giudei che si affollavano a Roma e che stavano
    convertendo numerosi indigeni ai loro usi


    Questi Giudei dunque che vennero espulsi da Roma stavano convertendo molti cittadini romani ai loro usi, L’informazione è preziosa in quanto si sposa perfettamente con quanto Giuseppe Flavio ci dice del Giudeo fuggitivo e dei suoi compagni, la cui attività di proselitismo nei confronti di una donna di alto rango, la moglie di Saturnino, causò secondo Giuseppe Flavio l’espulsione dei Giudei da Roma.
    Sappiamo inoltre grazie a Tacito, che non tutti i Giudei furono interessati dal provvedimento, ma solo quelli infettati da quella superstizione, caratterizzata insieme da riti giudaici ed egiziani.
    Come non pensare a l’ ”esecrabile superstizione” cristiana menzionata da Tacito in Annales (XV,44)?
    L’uomo politico che verosimilmente si occupò della repressione del movimento giudaico fu con ogni probabilità Seiano, prefetto del Pretorio dal 16 al 31 A.D. I libri di Filone che parlavano di questa persecuzione contro i Giudei di Roma sono andati perduti ma dal primo verso dell’ In Flaccum apprendiamo chi fu incaricato della persecuzione.

    “Dopo Seiano, Flaccus Avilius prese il suo posto nella politica di persecuzione contro i Giudei”

    La faccenda è pienamente confermata anche da Eusebio (H.E. II, V, 7)

    “Dapprima Filone dice che a Roma, sotto Tiberio, Seiano, che a que tempi godeva di grande influenza presso l’imperatore, fece ogni sforzo per distruggere tutto il popolo giudaico”

    Seiano dunque fu l’uomo di Tiberio che si occupò della persecuzione e verosimilmente dell’espulsione dei giudei di Roma.
    A questo punto appare fondamentale comprendere se realmente la ‘superstizione’ che stava infettando Roma possa essere identificata con la setta ‘cristiano-messianica’ il cui capo fu il Nazareno crocifisso sotto Ponzio Pilato.

    Svetonio e Tacito ci parlano di riti giudaici ed egiziani.
    Ci sono elementi che possano far propendere e considerare il cristianesimo una superstizione giudaico-egiziana?
    Il vangelo di Matteo ci mostra Giuseppe in fuga con il bambino e sua madre in Egitto, ed un eco molto forte di questo soggiorno è presente come noto nei cosiddetti Vangeli dell’Infanzia.
    Il Talmud di Babilonia ci informa che il cristo ricevette la sua iniziazione in Egitto e fu lì che egli apprese a compiere ‘miracoli’.

    Shabbat 104b
    Ma, obiettò loro rabbi Eleazar,”Ben Sotada non ha portato dall’Egitto i suoi sortilegi, in questa maniera?” Essi risposero: “Che, a causa di un folle noi dovremmo castigare una moltitudine di gente sensata?”

    I miracoli dei Vangeli per la tradizione rabbinica sono volgari sortilegi importati dall’Egitto.

    Sanhedrin 107b conferma:
    “Yeoshua ben Perachja e Yeshu si recarono insieme ad Alessandria d’Egitto. A partire da quel momento, Yeshu esercitò la magia e istruì gli Israeliti nei costumi più immorali”

    L’anacronismo del passaggio (peraltro comune a molti altri passi concernenti il cristo presenti negli scritti rabbinici) non invalida la testimonianza (il rabbi Yeoshua ben Perachja visse più di un secolo prima di Cristo).
    Il soggiorno del Cristo in Egitto è presente anche nelle parodie ebraiche dei Vangeli note sotto i nome di Toledoth Jeshu ed è confermata infine anche da Origene, infatti il giudeo di Celso afferma che Gesù “avendo acquisito lì [in Egitto] l’esperienza di certi poteri, ritornò nel suo paese proclamando grazie a questi poteri che egli era Dio” (Contra Celsum, I, 38)

    La superstizione giudaico-egiziana è un’unica e sola superstizione coincidente con l’ ’esecrabile superstizione cristiana’ di Tacito.

    La scuola di kabbala del crocifisso sotto Ponzio Pilato e di suo padre fu la stessa di Yeshua Ben Perachja, e fu da questa scuola che essi appresero l’Apocalisse (la rivelazione) e le profezie relative ai destini del mondo e che fu il ‘manifesto’ di guerra del cristo crocifisso da Ponzio Pilato.
    Questo manifesto, questa Apocalisse rese la setta giudeo-cristiana odiosa al mondo extra-giudaico.
    Per comprendere le reali cause del provvedimento di espulsione dei quattromila giudei è necessario conoscere le reali caratteristiche della dottrina insegnata dagli adepti di questa superstizione.
    A tal fine può essere utile leggere quanto ci ha trasmesso il monaco Xifilino degli avvenimenti accaduti a Roma nell’anno 19 A.D. (l’anno dell’espulsione dei Giudei secondo Tacito)
    Dione Cassio, Storia Romana (LVII, 18)

    “Essi furono inoltre disturbati non poco da un oracolo, reputato essere una dichiarazione della Sibilla, che malgrado non si adattasse completamente a questo periodo della storia della città, fu nondimeno applicato alla situazione allora esistente. Esso diceva che
    “Quando tre volte trecento anni avranno terminato la loro rivoluzione, una lotta civile e la demenza di Sybaris annienteranno i Romani”


    Tiberio, adesso, denunciò questi versi come falsi e fece un’investigazione di tutti i libri contenenti qualche profezia, rigettando alcuni come senza valore e ritenendone altri come genuini”

    Libri che profetizzano la prossima caduta di Roma. Gli Oracoli sibillini e l’Apocalisse.
    Gli Oracoli Sibillini (in particolare il libro III) sono intrisi di quella propaganda giudaica che profetizzava la rovina dei goym esattamente come l’Apocalisse. Ecco cosa temeva Tiberio.

    Lib. III (46-69)

    Ma quando Roma governerà sull’Egitto...apparirà il grande regno del Re immortale sugli uomini. E un sacro Sovrano verrà a tenere lo scettro su ogni terra...e allora si abbatterà inesorabile l’ira sui popoli latini...e periranno tutti gli uomini con le loro case, quando dal cielo si rovesceranno cataratte infuocate...

    Lib III (658-660)

    E dall’Oriente Dio invierà un re che farà cessare sulla terra ogni guerra, alcuni ammazzandoli, altri vincolandoli con giuramento...e con oro e argento e ornamenti in porpora, il popolo di Dio Onnipotente ancora sarà arricchito...

    Apocalisse XIX

    Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava «Fedele» e «Verace»: egli giudica e combatte con giustizia.
    I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui. E' avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di D-o. Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. Dalla bocca gli esce una spada affilata per colpire con essa le genti. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell'ira furiosa del D-o onnipotente. Un nome porta scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori.


    Tacito conosceva queste profezie (Historiae, V,13)

    “proprio in quel tempo l’Oriente avrebbe mostrato la sua forza e uomini venuti dalla Giudea sarebbero diventati maestri del mondo”

    e ancora Annales, XV, 44

    Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat; repressaque in praesens exitiabilis superstitio rursum erumpebat, non modo per Iudaeam, originem eius mali, sed per urbem etiam quo cuncta undique atrocia aut pudenda confluunt celebranturque. Igitur primum correpti qui fatebantur, deinde indicio eorum multitudo ingens haud proinde in crimine incendii quam odio humani generis convicti sunt.

    Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea , focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso. Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l'accusa dell'incendio, quanto per odio del genere umano

    Invito tutti a riflettere sulle parole di Tacito. L’accusa portata ai cristiani è quella di odio del genere umano. Da dove proviene questa accusa? Quali sono i libri cristiani che conosceva Tacito? I Vangeli? Le lettere di Paolo? O l’Apocalisse?

    Tra Tiberio e Domiziano (vedi l’affare Tito Flavio Clemente), nulla è cambiato nonostante i Vangeli e le Lettere di Paolo. Il Messia dei Cristiani doveva liberare la Palestina, distruggere Roma, l'ultima Bestia, e rendere il popolo eletto (Israele) maestro del mondo. Il cristianesimo primitivo (all'impostura paolina) costituiva secondo me la frangia estremista di un popolo, quello giudaico, oppresso da secoli di dominio straniero.

    La dottrina cristiana per un secolo è nell’Apocalisse e solo lì. L’unico vangelo del primo secolo. La buona novella dei giudeo-cristiani prevedeva la distruzione di di tutto il mondo pagano.

    Arriviamo infine al Cavaliere Mundo e la Signora Paolina.
    L’obiettivo della frode fu dunque quello di fare dei due aggettivi caratterizzanti l’esecrabile superstizione cristiana, ovvero ‘giudaico’ ed ‘egiziana’ due sette distinte e indipendenti, quando in Tacito e Svetonio esse non fanno che una. I traduttori (ancora molti) che traducono il singolare ‘ea superstitione’ con un plurale ‘quelle superstizioni’ tradiscono la Storia.

    Lo scopo dell’inserimento della storia assurda del Cavaliere Mundo e la Signora Paolina fu far credere che Tiberio perseguitò effettivamente due sette, una giudaica e una egiziana distogliendo l’attenzione sull’unica setta di cui era originariamente questione: quella cristiana.
    Frode maldestra smentita dalla Storia.

    Mi si fa notare che per accettare una tesi del genere bisognerebbe postulare una gigantesca operazione di falsificazione coinvolgente centinaia di manoscritti di autori differenti e che quindi presupporrebbe un'organizzazione materialmente impossibile da realizzare nel tempo e nello spazio.
    Ma questo è falso.
    A partire dall’Alto Medio Evo gli unici centri di trascrizione dei manoscritti furono i monasteri.
    Tutto ciò che possediamo della letteratura antica, nel bene e nel male, lo dobbiamo a loro.
    Tali centri hanno avuto la possibilità di agire da filtro nei confronti di quanto trasmessoci dagli storici. La possibilità materiale di eliminare tutto quanto andasse contro l’ortodossia cristiana o fosse considerato per qualche ragione blasfemo.
    Hanno poi approfittato di questa possibilità?
    Un esempio istruttivo nel caso di Eleazar Ben Dinai.
    La censura è stata disomogenea e non organizzata. E’ l’unica ragione grazie alla quale ancora oggi è possibile fare delle ricostruzioni storiche che abbiano un minimo di plausibilità. I vari centri di trascrizione nel Medioevo hanno operato senza concertazione ma con l’obiettivo comune di eliminare tutto quanto andasse contro l’ortodossia cristiana. Solo analizzando le differenze tra le varie recite di Giuseppe Flavio, Tacito, Svetonio e Dione Cassio è possibile comprendere qualcosa in più su questa vicenda.
    Ma quello che è davvero fondamentale da comprendere è che le opere degli autori citati derivano da archetipi unici.
    Ovvero un unico manoscritto ha fatto da capostipite per tutti gli altri. L’opera di Tacito ci è stata trasmessa (parzialmente) grazie a due manoscritti complementari : il Mediceus Prior e il Mediceus Secundus che hanno fatto da archetipi unici per tutti gli altri. Risultato: le lacune negli Annales e nelle Historiae sono comuni a tutti i manoscritti di cui disponiamo. Per Svetonio e le sue Vite dei Dodici Cesari vale esattamente lo stesso: il Memmianus (IX secolo) il Gudianus (XI secolo) e il Vaticanus (XII secolo) derivano da un archetipo unico e hanno molte lacune comuni tra cui quella più evidente è senz’altro la parte iniziale (mancano i primi capitoli della biografia di Giulio Cesare in tutti i manoscritti).
    Per Dione Cassio il problema non si pone, per i libri in questione disponiamo del solo epitome del monaco Xifilino.
    Resta Giuseppe Flavio. L’opinione che l’insieme dei manoscritti che ci sono pervenuti dello storico ebreo derivino tutti da un archetipo unico fu già quella di Niese (autore della più celebre edizione critica), opinione derivante essenzialmente dalla presenza delle stesse lacune (passaggi citati da autori cristiani) e delle stesse interpolazioni (ad esempio il Testimonium) su tutti i manoscritti.

    Saulnier
     
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  2. Giovanni Dalla Teva
     
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    User deleted


    CITAZIONE
    Il caro grande Saulnier scrive:
    Ripropongo il tema anche a qui, nella speranza di coinvolgere nella discussione, oltre agli amici ebrei, anche quelle persone che per ragioni differenti non possono/vogliono intervenire nell'altro forum.

    Lo studio concernente l’affare dell’espulsione di quattromila Giudei da Roma e il controverso episodio di Decio Mundo e Paolina nasce dalla lettura di un documento di Hard Rain (che come sempre ringrazio) disponibile on line qui

    Onore e lode a Lei Sig. Saulnier per il suo magnifico intervento, e graditissima si è rivelata la sua gentilezza nel farci partecipi.

    Che i primi giorni d'autunno siano con Lei, abbondanti dispensatori, di poetico esistere tra i loro colori.

    Come il vecchio melograno, che s'inchina e si contorce, sotto il peso del frutto, a Lei con rinoscimento, lo porgeremo con affetto.

    Un caro saluto
     
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  3. Pecora selvatica
     
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    User deleted


    CITAZIONE
    Che i primi giorni d'autunno siano con Lei, abbondanti dispensatori, di poetico esistere tra i loro colori.

    Come il vecchio melograno, che s'inchina e si contorce, sotto il peso del frutto, a Lei con rinoscimento, lo porgeremo con affetto.

    Buonasera Giovanni!

    Anche se queste bellissime parole sono rivolte all'Amico Saulnier; sento il desiderio di intervenire, se pur impropriamente, voglia perdonarmi:

    L'autunno e l'inverno sono le stagioni che amo di più: intime, silenziose, soffici;
    la sua meravigliosa poetica, Giovanni, non lo avrei mai detto, è piuttosto...evangelica...complimenti di cuore!


    :)
     
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  4.  
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    אריאל פינטור

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    Sanhedrin 107b conferma:
    “Yeoshua ben Perachja e Yeshu si recarono insieme ad Alessandria d’Egitto.

    Tenete presente che nel Talmud "Ieshu" non vuol dire "Gesù" né Jeshua o Jeoshua.
    "Ieshu" è un acronimo che significa "che il suo nome si maledetto e mai più nominato" e veniva attribuito a eretici o malfattori, come nel caso in esame, esercitanti arti magiche o riti pagani e idolatrici
     
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  5. ipazia56
     
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    Un caro saluto anche a te Negev da Ipazia.
    Il prof. Filipponi nel suo dire; Signore ho lasciato il tuo gregge per unirmi al tuo popolo, che significato dai a queste parole?
    Due ore (con spiegazione di tutti i simboli raffigurati)per trascorrere il tragitto-percorso simbolico, costruito con le proprie mani, che lui chiama,
    la mia Kabbalah, il mio universo, con all'inizio di questo percorso sul mattonato la stella di David.
    Il suo maestro è il maggior cabalista Ebraico, me lo ha detto, però non ricordo il nome.
    di nuovo ciao Ipazia
     
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    אריאל פינטור

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    Shalom Ipazia!

    CITAZIONE
    Il prof. Filipponi nel suo dire; Signore ho lasciato il tuo gregge per unirmi al tuo popolo, che significato dai a queste parole?
    Due ore (con spiegazione di tutti i simboli raffigurati)per trascorrere il tragitto-percorso simbolico, costruito con le proprie mani, che lui chiama,
    la mia Kabbalah, il mio universo, con all'inizio di questo percorso sul mattonato la stella di David.

    Perdonami, non ho capito la tua domanda.

    Forse il Kabballista è Rav Leitmam?
     
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  7. Giovanni Dalla Teva
     
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    CITAZIONE
    Sig. Saulnier scrive:
    Lo scandalo per Flavio Giuseppe consiste nel fatto che questi Giudei si servivano di questi doni per i propri usi personali, ma è sufficiente questa ragione per giustificare l’espulsione di quattromila Giudei da Roma?
    Per comprendere qualcosa di più di questa vicenda occorre analizzare i resoconti degli altri storici.
    Flavio Giuseppe sembra riferire la vicenda alla prefettura di Pilato tuttavia un passaggio di Tacito (Annales, II, 85) colloca in maniera precisa l’avvenimento ai tempi della morte di Germanico (19 A.D.)

    Dopo aver ringraziato a lungo il suo genio mi propongo di rispondere, ora brevemente ma in seguito molto dettagliatamente questa questione di fondamentale importanza.

    L'elenco di quattromila di questi Giudei per il servizio militare da inviare nell'Isola di Sardegna, e la penalizzazione di molti di più, dipendeva perchè erano simpattizzanti della "quarta setta" come associazione segreta fondata da Giuda il Galileo come movimento di liberazione Giudaico dal potere romano, con speranze anche universali, con l'aiuto del loro D-o di sostituire il potere romano con il potere giudaico.

    Un caro saluto
     
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  8. Giovanni Dalla Teva
     
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    CITAZIONE
    Giovanni Dalla Teva scive:
    L'elenco di quattromila di questi Giudei per il servizio militare da inviare nell'Isola di Sardegna, e la penalizzazione di molti di più, dipendeva perchè erano simpattizzanti della "quarta setta" come associazione segreta fondata da Giuda il Galileo come movimento di liberazione Giudaico dal potere romano, con speranze anche universali, con l'aiuto del loro D-o di sostituire il potere romano con il potere giudaico.

    Già Ezechiele, con la profezia dell’assalto di Gog (capp. 38 s.), e Daniele, con le sue visioni sul quarto impero, avevano posto le basi della concezione largamente diffusa nel giudaismo secondo la quale l’avvento del tempo della salvezza sarebbe stato preceduto da un periodo di gravi minacce per Israele, provenienti da una potenza universale fortissima e ostile a D-o.



    Nel periodo che ci riguarda questa fu ovviamente identificata nell’impero romano, così che Roma assunse tout-court i connotati del nemico escatologico d’Israele, la cui disfatta costituiva la premessa necessaria all’avvento del tempo messianico.

    L’Apocalisse di Esdra e quella siriaca di Baruc definiscono espressamente Roma «quarto impero»; l’Apocalisse di Esdra, inoltre, parla anche dell’«aquila» che sarà condannata e sconfitta dal «leone», il messia davidico.


    Anche «i dotti rabbinici, senza eccezione, nel quarto impero di Daniele hanno riconosciuto l’impero universale romano».’

    È tutta via presumibile che questa concezione fosse più antica: forse si trova già nell’Assumptio Mosis, ove si afferma che per l’intervento di D-o Israele «salirà sul dorso e sulle ali dell'aquila>.

    Si può senz’altro ritenere che questa identificazione abbia determinato l’intera attesa escatologica della fine imminente nel corso del I sec. d.C.

    Nella letteratura essena, in particolare nel Rotolo della guerra, i kittim (cioè i romani) compaiono come gli avversari escato logici della comunità. Dai rabbi Roma era considerata senz’altro il «potere empio», e le si riferivano come pseudonimi le denomi nazioni degli antichi nemici tradizionali d’Israele: Amalek, Babilonia — la potenza che in passato aveva distrutto Gerusalemme
    — e soprattutto Esaù o Edom (in quest’ultimo caso, verosimil mente, l’odio per l’edomita Erode aveva favorito il trasferimento di tale termine su Roma).


    Come animale simbolo di Roma, accanto all’aquila comparve inoltre anche il maiale impuro.

    (Martin Hegel, Gli Zeloti)

    Il passo, che riguarda l'esorcismo dell'indemoniato, riportato da Marco 5,1, è determinante per dimostrare come la squadra degli apostoli fosse in realtà una banda di guerriglieri (galilei, zeloti, esseni):

    «Come Gesù scese dalla barca, un indemoniato si gettò ai suoi piedi. Gesù ordinò al demonio che era dentro di lui quale fosse il suo nome. «Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti» e lo scongiurò di non scacciarlo da quella regione. Poiché vicino c'era un branco di porci, il demonio gli disse: «Mandaci da quei porci perché entriamo in essi». Gesù glielo permise e gli spiriti immondi entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone sul mare. Erano circa duemila ed affogarono tutti». (Mc. 5,1).

    In questo aneddoto viene espresso nella maniera più chiara che la squadra dei discepoli del Cristo era in realtà la banda dei Boanerghes figli del tuono (nel libro del Sig. Giancarlo Tranfo - La croce di spine - chinaski edizioni, si legge a pag. 190 “Se poi la giusta traduzione di questa parola dovesse essere “figli della vendetta oppure figli della collera”, come suggerito da una recente studio, tale definizione diverrebbe addirittura inquietante“ - aggiungendo pure una nota di numero 38 dove dichiara la fonte) perché in esso viene espresso, oltre l'odio che i rivoluzionari portavano contro i romani invasori, anche quello che era il loro programma di liberazione della Palestina.

    La legione romana di stanza in Palestina, chiamata Fretensis, era composta, come il numero dei maiali, di duemila uomini circa ed aveva come simbolo il muso di un porco (cinghiale) e il mare in cui precipitano ed annegano i maiali rappresenta il Mediterraneo

    (Al capitolo XI,10 della “Regola della guerra” manuale militare settario esseno ritrovato a Qumran nella grotta1 si legge: “ Verso di loro hai agito come verso il Faraone e come verso gli ufficiali dei suoi carri nel Mare dei Giunchi) nel quale i rivoluzionari intendevano rigettare i legionari per poi attaccare e distruggere Roma, la capitale della corruzione, e costruire sulle sue rovine il loro imperialismo universale, come risulta dall'Apocalisse e dal rotolo della guerra.

    Tale racconto del vangelo di Marco che parla dell'indemoniato, costituisce proprio un rimasuglio della storia reale più antica, del manifesto della lotta armata messianica degli Apostoli e del loro capo Giovanni di Gamala o Giovanni il Galileo. Questo episodio doveva comunicare alla gente di quel tempo e di quei luoghi che finalmente era arrivato il messia Giovanni il Galileo che riusciva a scacciare i Romani dalla Palestina.

    I Romani erano associati, riferiti, allusi al demonio perchè essere impuri, come i porci, tipici animali impuri.

    Il nome del demonio scacciato era proprio Legione, cioè il nome di quel sistema che disciplinava, organizzava il gruppo di soldati romani e tale gruppo più conosciuto allora in quei luoghi, aveva come simbolo, elemento distintivo il cinghiale/maiale che rafforzava l'associazione Romani con porci con esseri impuri. Il numero di duemila porci circa, affogati nel mare, era il numero riferito ai soldati romani presenti in quei tempi in Palestina (I nuovi Procuratori, come prima i Prefetti in Palestina, disponevano di una schiera(ala) di cavalleria, composta da uomini di Cesarea e di Sebaste e di cinque corti (le corti potevano essere formate da duecento fino a seicento soldati). (Ant.XIX, 365 e non al numero standard di una legione di soldati romani.

    L’adattamento del racconto a Gesù Figlio di D-o avvenne successivamente, era intenzione dei manipolatori del vangelo, dimostrare il suo grande potere di esorcista, invece tramandarono ai posteri, il manifesto della lotta armata degli apostoli e del loro capo Giovanni di Gamala.


    Un caro saluto
     
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  9. Giovanni Dalla Teva
     
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    Tacito, Annales, 2.85.4 "Si discusse anche sull'opportunità di sopprimere i culti egiziani e giudaici e per decreto del senato quattromila liberti contaminati da quelle credenze superstiziose e in età di portare le armi furono trasferiti in Sardegna per reprimervi il brigantaggio. E si riteneva che, se vi fossero morti per l'insalubrità del clima, sarebbe stata una perdita di poco conto. Tutti gli altri seguaci di quei culti dovevano lasciare l'Italia a meno che, entro una data stabilita, avessero rinunciato ai loro riti profani."

    G. Flavio, Ant. 18.83-84. [83] "Saturnino, sollecitato dalla moglie Fulvia, riferì tutto a Tiberio, suo amico; per tale motivo egli ordinò a tutta la comunità giudaica di abbandonare Roma. [84] I consoli redassero un elenco di quattromila di questi Giudei per il servizio militare e li inviarono nell'isola di Sardegna; ma ne penalizzarono molti di più, che per timore di infrangere la legge giudaica, rifiutavano il servizio militare. E così per la malvagità di quattro persone, i Giudei furono espulsi dalla città."

    Svetonio, Tib., XXXVI - Egli [Tiberio] soppresse i culti stranieri, e i riti Egiziani e dei Giudei, obbligando tutti quelli che praticavano quel tipo di superstizione a bruciare i loro paramenti e tutti i loro utensili sacri. Egli inviò la gioventù dei Giudei, sotto l'obbligo del servizio militare, nelle province note per il loro clima inospitale, e allontanò dalla città il resto di quella nazione così come tutti coloro che facevano proseliti in quella religione, sotto minaccia di morte.

    Analizzando tutti gli scritti di Giuseppe Flavio, si comprende che gli obbiettivi di questo storico sono:

    Illustrare ed esaltare il giudaismo davanti ai pagani (Lui non conosce assolutamente i cristiani).

    Difendere l'opera da Lui svolta e dal suo partito filo-romano durante la ribellione, cerca di nascondere il messianismo e quando non lo può fare, lo condanna come il peggiore dei mali e causa della rovina del popolo ebreo.


    Tale condotta appare anche nel suo scritto sopra riportato.

    Infatti si può notare, che a differenza degli altri due storici Giuseppe Flavio attribuisce l'obbligo del servizio militare e la penalizzazione di altri giudei alla malvagità di quattro persone e non ad un comportamento responsabile e diffuso di tutti i Giudei interessati al provvedimento punitivo.

    Inoltre, Giuseppe Flavio non riporta che questi Ebrei erano ritenute persone di poco conto, e se morivano tanto meglio, ecco spiegato il loro invio in zone insalubri e inospitali.

    La colpa di questi Giudei Romani per Tacito e Svetonio, dipendeva dalla loro contaminazione con credenze superstiziose e frequenze a riti profani.

    Le credenze superstiziose consistevano nel credere al tempo della guerra escatologica contro gli oppressori di Israele seguendo una lettura apocalittica.

    Giuda il Galileo predicava mescolando concetti esseni e zeloti, una guerra santa in collaborazione con D-o in Palestina e in Egitto che poi veniva esportata in altri territori abitati da Ebrei e in modo particolare a Roma dove erano numerosi.

    Giuda il Galieo auspicava una guerra santa contro i romani, senza considerare i rapporti di forza perchè credeva che questa fosse la volontà di D-o e nel suo aiuto per l'instaurazione di un regno messianico.


    Questa nuova dottrina chiamata quarta filosofia era ritenuta profana, cioè estranea alla dottrina tradizionale Ebrea ed era molto temuta dai romani, perchè una persona carismatica anche estranea al fondatore poteva presentarsi come profeta e poi se fortunato dal destino dichiararsi messia in luoghi anche lontani dalla Palestina.


    Evento che certamente si verificò sotto l'imperatore Claudio riportato da Svetonio, Vita Claudii,23,4: "Espulse da Roma i Giudei che per istigazione di un certo Cresto erano continua causa di disordine" in un periodo che va dal 41 al 54 d. c..


    L'analisi proseguirà nel suo sviluppo temporale.
    Un caro saluto a tutti.



     
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  10. Saulnier
     
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    Caro Giovanni
    Per prima cosa la ringrazio per i complimenti e soprattutto per i preziosi contributi che sta dando all’analisi.
    Leggo sempre con attenzione i suoi commenti e ne ricavo degli spunti utilissimi. Il fatto di non trovarmi sempre al 100% d’accordo con quanto scrive (è il caso ad esempio della faccenda dei 2000 porci, già discussa altrove) non mi impedisce di apprezzare enormemente il suo lavoro e considerare ogni discussione un processo di sano arricchimento che non può che farci del bene
    La traduzione da Lei riportata del passo di Tacito è, a mio modo di vedere errata, in quanto traduce il singolare ‘ea superstizione’ con un plurale ‘quelle credenze superstiziose’ distogliendo l’attenzione sul fatto che si sta parlando di un’unica superstizione giudaico-egiziana (cristiana) che causò l’espulsione di quattromila Giudei da Roma.

    Un caro saluto
     
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  11. Giovanni Dalla Teva
     
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    CITAZIONE
    Sig. Saulnier scrive
    La traduzione da Lei riportata del passo di Tacito è, a mio modo di vedere errata, in quanto traduce il singolare ‘ea superstizione’ con un plurale ‘quelle credenze superstiziose’ distogliendo l’attenzione sul fatto che si sta parlando di un’unica superstizione giudaico-egiziana (cristiana) che causò l’espulsione di quattromila Giudei da Roma.

    Concordo pienamente, infatti sto studiando il libro del Prof. Angelo Filipponi sui contatti estesi che doveva avere Giuda il Galileo con ambienti Egiziani.

    Un caro e grande saluto con infinita stima.
     
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  12. Deicida
     
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    Riporto qui il commento che ho postato su forum cristianesimo,sperando di poter esser d'aiuto in questa discussione.

    Ci sono anche altri elementi che collegano il giudaismo con l’Egitto,formando un’unica superstizione;l’ebreo alessandrino Filone nel suo libro sui Terapeuti afferma che costoro vivevano abbandonando beni e famiglia per darsi all'ascetismo,conservavano i libri religiosi, seguivano le orme dei loro Padri e guarivano le anime: in pratica vivevano come gli esseni descritti da Giuseppe Flavio,Filone e Plinio:

    “[Filone]Precisa poi che quegli uomini si chiamavano Terapeuti e le donne che abitavano con loro Terapeutidi, motivando tale denominazione sia col fatto che curano e guariscono le anime di quanti ricorrono a loro, liberandoli, come medici, dai mali che la malvagità procura, sia con la devozione e i servigi puri e sinceri prestati alla Divinità.” (Eusebio,Historia ecc.,libro II - 17,3)

    Lo stesso Eusebio considera i Terapeuti dei cristiani e infatti subito dopo afferma:

    “E non v'è necessità di dilungarsi a discutere se fu Filone stesso a dar loro questo nome, applicando al loro modo di vivere il termine corrispondente, o se in realtà i primi Terapeuti si chiamassero così fin dall'inizio, non essendo ancora diffuso ovunque il nome di Cristiano.” (Eusebio,Historia ecc.,libro II – 17,4)

    E non è lo stesso sant’Epifanio che dichiarò che i Terapeuti d'Egitto, viventi attorno al lago Mareotide, dei quali parla
    Filone, erano i cristiani?

    Peccato però che la setta dei Terapeuti esisteva ben prima dell’avvento del cristianesimo paolino,e si sviluppò parallelamente agli Esseni:

    “Affine agli Esseni fu la setta giudaico-egiziana dei Terapeutici che si sviluppò in Egitto.Terreno molto favorevole per la fusione di elementi dottrinali greci e orientali fu Alessandria.” (Nicola Abbagnano,Storia della filosofia,Tomo I,pag. 395,Gruppo Editoriale l’Espresso)

    Quindi sì,i motivi per scorgere evidenti relazioni tra giudaismo e Egitto ci sono,e questo dimostra maggiormente che Tacito,come il sig. Saulnier ha già scritto,nel 19 d.c. cacciò da Roma proprio i giudei infettati da tale superstizione giudaico-egiziana.

    Del resto non si può fare a meno di notare che gli stessi Atti del Apostoli e Giuseppe Flavio riportano la vicenda di un Egiziano che dal monte degli Ulivi tentò una sommossa,ma poi fuggì

    “37 Sul punto di esser condotto nella fortezza, Paolo disse al tribuno: «Posso dirti una parola?». «Conosci il greco?, disse quello, 38 Allora non sei quell'Egiziano che in questi ultimi tempi ha sobillato e condotto nel deserto i quattromila ribelli?».” (At 21,37)


    "...Arrivò infatti nel paese un ciarlatano che, guadagnatosi la fama di profeta, raccolse una turba di circa trentamila individui che si erano lasciati abbindolare da lui, li guidò dal deserto al monte detto degli ulivi e di lì si preparava a piombare in forze su Gerusalemme, a battere la guarnigione romana e a farsi signore del popolo con l'aiuto dei suoi seguaci in armi. Felice affrontandolo con i soldati romani, e tutto il popolo collaborò alla difesa sì che, avvenuto lo scontro, l'egiziano riuscì a scampare con alcuni pochi, la maggior parte dei suoi seguaci furono catturati o uccisi mentre tutti gli altri si dispersero...".
    (Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica II, 13).

    Chi era questo misterioso egiziano?E perché venne dall’Egitto per scagliarsi su Gerusalemme?Può esserci qualche relazione tra il movimento esseno-zelota testimoniato dai rotoli di Qumran e quello dei Terapeuti d’Egitto,data la vicenda accaduta che lega giudei ed egiziani?

    Un altro indizio di una possibile rete di collegamenti tra il mondo ascetico giudaico ed egiziano,diretto ad abbattere la “bestia romana” ci viene da Flavio,quando descrive la fine dei sicari che dopo la distruzione di Gerusalemme si rifugiarono in Egitto,ma poi vennero eliminati o imprigionati:


    Libro VII:409 Accadde inoltre, qualche tempo dopo, che molti giudei trovarono la morte ad Alessandria d'Egitto.
    Libro VII:410 Infatti quelli che erano riusciti a trovarvi scampo dall'insurrezione dei sicari, non contenti di essersi
    salvati, ripresero le loro macchinazioni incitando molti dei loro ospiti a intraprendere la lotta per la libertà, a
    giudicare i romani per niente superiori a loro e a considerare come padrone soltanto Dio
    .Libro VII:411 Contrastati da alcuni notabili della stessa comunità giudaica, assassinarono costoro continuando a
    insistere presso gli altri con gli incitamenti alla rivolta.
    Libro VII:412 Viste le loro pazzesche intenzioni, i membri più autorevoli del consiglio ritennero che per loro
    rappresentava ormai un pericolo non intervenire e, raccolti in assemblea tutti i giudei, denunziarono i folli
    propositi dei sicari, dimostrando che erano loro i colpevoli di tutti i disastri.
    Libro VII:413 Aggiunsero che quelli, non avendo pur dopo la fuga sicura speranza di essersi messi in salvo
    perché appena riconosciuti sarebbero stati immediatamente messi a morte dai romani, cercavano di
    coinvolgere nella propria rovina chi non aveva avuto parte in nessuno dei loro delitti.
    Libro VII:414 Conclusero esortando l'adunanza a guardarsi dalle pericolose manovre di quelli e a consegnarli ai
    romani per dimostrare la loro lealtà.
    Libro VII:415 Vista la gravità del pericolo, il popolo accolse l'esortazione e, scatenatosi furiosamente contro i
    sicari, li gettò in prigione.
    Libro VII:416 Seicento vennero catturati immediatamente; quelli che avevano cercato di fuggire all'interno
    dell'Egitto, e in particolare a Tebe, dopo non molto vennero arrestati e riportati indietro
    .Libro VII:417 Riguardo a costoro non vi fu alcuno che non restasse ammirato per la loro fermezza e per la forza
    d'animo, o cieco fanatismo che dir si voglia;
    Libro VII:418 infatti, pur essendo stata escogitata contro di loro ogni forma di supplizio e di tortura soltanto
    perché dicessero di riconoscere Cesare come loro padrone, nessuno cedette o fu sul punto di cedere, ma tutti
    serbarono il proprio convincimento al di sopra di ogni costrizione, accogliendo i tormenti e il fuoco con il corpo
    che pareva insensibile e l'anima quasi esultante.
    Libro VII:419 Ma a impressionare più di tutti chi era presente furono i ragazzi, dei quali non uno si lasciò piegare
    a chiamare Cesare il suo padrone: a tal punto la forza d'animo prevalse sulla debolezza dei loro corpi!
    Libro VII:420 - 10, 2. Governatore di Alessandria era allora Lupo, che senza indugi informò Cesare di questi
    fermenti di rivolta.


    Sicuramente il Thread di Saulnier ha aperto spunti notevolissimi che dovrebbero essere approfonditi.

    Un caro saluto a tutti.
     
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  13. Giovanni Dalla Teva
     
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    CITAZIONE
    Sig. Deicida scrive:
    Riporto qui il commento che ho postato su forum cristianesimo,sperando di poter esser d'aiuto in questa discussione.

    Lei è come sempre bravissimo!!!!!!

    Sicuramente sarà utilissima!!

    Per ora mi ha dato il coraggio di risponderLe anche alla risposta successiva.

    CITAZIONE
    Sig. Deicida scrive:

    "...Arrivò infatti nel paese un ciarlatano che, guadagnatosi la fama di profeta, raccolse una turba di circa trentamila individui che si erano lasciati abbindolare da lui, li guidò dal deserto al monte detto degli ulivi e di lì si preparava a piombare in forze su Gerusalemme, a battere la guarnigione romana e a farsi signore del popolo con l'aiuto dei suoi seguaci in armi. Felice affrontandolo con i soldati romani, e tutto il popolo collaborò alla difesa sì che, avvenuto lo scontro, l'egiziano riuscì a scampare con alcuni pochi, la maggior parte dei suoi seguaci furono catturati o uccisi mentre tutti gli altri si dispersero...".
    (Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica II, 13).

    Chi era questo misterioso egiziano?E perché venne dall’Egitto per scagliarsi su Gerusalemme?Può esserci qualche relazione tra il movimento esseno-zelota testimoniato dai rotoli di Qumran e quello dei Terapeuti d’Egitto,data la vicenda accaduta che lega giudei ed egiziani?

    Tempo fa, avevo fatto degli studi e non del tutto abbandonati nell'indentificare il misterioso egiziano con Menahem l'ultimo figlio di Giuda il Galileo. Un suo tentativo messianico fallito, prima di riuscire ad indossare la veste sacra.

    Un caro saluto
     
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  14. Deicida
     
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    CITAZIONE
    Giovanni Dalla Teva: Tempo fa, avevo fatto degli studi e non del tutto abbandonati nell'indentificare il misterioso egiziano con Menahem l'ultimo figlio di Giuda il Galileo. Un suo tentativo messianico fallito, prima di riuscire ad indossare la veste sacra.

    Potrebbe postare tali studi se li ha ancora?

    Un caro saluto.
     
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  15. Giovanni Dalla Teva
     
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    CITAZIONE
    Sig. Deicida scrive:
    Potrebbe postare tali studi se li ha ancora?

    Purtroppo li ho stracciati, ma mi ricordo bene i punti fondanti e di averne parlato anche con il grande storico Sig. Emilio Salsi.

    Comunque Lei è molto più perspicace di me. Ho notato subito in Lei una persona molto intelligente e lungimirante.

    Comunque in qualsiasi caso il personaggio Egiziano eversivo e ribelle, rimane in un contesto di ribellioni messianiche Ebree.

    Un caro saluto
     
    .
22 replies since 23/9/2009, 18:49   1766 views
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